Comprare casa all’asta non conviene più

Le aste immobiliari non hanno più incanto. Dal punto di vista giuridico, perché il decreto 132/2015 — scrive il Corriere.it — ha di fatto eliminato la possibilità di fare — per le gare avviate dopo la pubblicazione della norma — il procedimento dell’incanto, con successivi rilanci. Ma non incantano neppure il mercato, perché gli immobili si riescono a vendere con molta difficoltà. Nel 2017, secondo il rapporto Astasys, da cui derivano i dati che seguono, sono state pubblicate aste relative a 234.340 immobili, in diminuzione del 12,3% rispetto al 2016, anno in cui solo il 14% delle procedure si è conclusa con un’aggiudicazione. E tutto lascia pensare che la situazione non sia cambiata negli ultimi mesi. La provincia con il maggior numero di aste è Milano, che ha registrato lo scorso anno 8.989 pubblicazioni, -10,5% sul 2016. Nonostante il decreto 132 abbia snellito le procedure, l’appetibilità degli immobili offerti è spesso scarsa, perché le stime di partenza sono troppo alte, soprattutto quando gli immobili sono in vendita da più anni. Un valore corretto cinque anni fa oggi comunque non lo è perché i prezzi sono scesi tra il 10 e il 20%. Se si considera che gli immobili sono quasi sempre bisognosi di un radicale ripristino e che spesso per liberarli bisogna ricorrere allo sfratto, si riesce a vendere solo con un forte sconto sulle quotazioni attuali dell’usato. Astasys stima che le vendite si chiudano in media al 44% della stima originaria. Nel 70% dei casi gli immobili sono abitazioni e pertinenze, perlopiù di valore limitato: solo nel 9% dei casi infatti si superano i 250 mila euro, mentre nel 78% si sta sotto i 140 mila. Le esecuzioni immobiliari (mutui non pagati) rappresentano il 78% dei casi, le procedure concorsuali (fallimenti) il 20% mentre le divisioni giudiziali (divisioni di eredità o di patrimoni tra coniugi che si separano) sono solo il 2 per cento.

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